ZONA A, DISTRETTO 108TA3: Intervento del Procuratore della Repubblica di Venezia, Carlo Nordio
Magistrato di lunga esperienza e di profonda coscienza professionale, razionale, consapevole della delicatezza del proprio ruolo,dotato di un eloquio coinvolgente, il Procuratore di Venezia Carlo Nordio ha calamitato per un’ora e mezza l’attenzione di un uditorio di circa duecento persone,che, in più passaggi, ha sottolineato, con applausi, il proprio consenso.
Il tema di partenza era “l’Italia tra due fuochi: la corruzione e l’immigrazione clandestina”, usiamo l’imperfetto perché i recenti fatti di cronaca in Italia e la eco degli attacchi jiadisti in Francia hanno imposto la trattazione anche degli argomenti: “legittima difesa” e “terrorismo “.
In ordine alla corruzione, il procuratore Nordio ha osservato come tale fenomeno, deprecabile ,sotto il profilo morale ed economico, in quanto associato allo sperpero di danaro pubblico costituisce un doppio danno per il Paese.
L’inasprimento delle pene in materia, a suo giudizio, è inutile, in quanto leggi severe ce ne sono, ma inserite in un complesso farraginoso di norme contraddittorie che favoriscono, in ultima analisi, l’arbitrio. La mala pianta della corruzione può essere estirpata solo con la semplificazione delle procedure e la precisa definizione delle competenze. La presenza nel nostro corpo normativo di 250.000 leggi spesso tra loro dissonanti, a fronte delle 15-20.000 degli altri ordinamenti europei, finisce per renderle inapplicabili.
Quanto all’immigrazione clandestina, il procuratore di Venezia ha evidenziato un equivoco di fondo basato sul fatto che si è cercato di convincere gli italiani che sono buoni e guidati da sincero spirito di solidarietà, in realtà alla base del fenomeno c’è una crisi d’impotenza. Nella generalità dei casi gli immigrati sono giovani, in buona salute, che, per pagare il viaggio, contraggono debiti con organizzazioni criminali, debiti che devono comunque essere pagati con atti microcriminalità. La situazione di per sé pericolosa, è aggravata dal fatto che tra i clandestini ci possono essere terroristi difficilmente individuabili data l’impossibilità di controlli esaustivi. Posta in questi termini il fenomeno diventa solo un problema quantitativo, dal momento che non sappiamo quanti ne verranno. Peraltro non vengono incriminati gli organizzatori dei viaggi, che stabiliscono le tariffe per il trasporto in base alla posizione del singolo sulla barca arrivando a percepire 5000 $ per ciascun clandestino, con un fatturato, con 1000 “viaggiatori”, di 5 milioni di dollari all’anno!
Sull’argomento”legittima difesa” il relatore ha ricordato che è regolata da una legge del 1930, scritta bene,ma facente parte del codice fascista. Per entrare nello spirito della norma il punto di partenza è: sino a che punto il cittadino può difendersi? In tutto il mondo vige il principio dell’attualità e della proporzionalità.
Principio chiaro, ma nella pratica difficilmente applicabile. Il cittadino ha diritto a difendersi se lo Stato non è in grado di proteggerlo, ma sino a che punto lo Stato lo può punire per affermare un diritto che lo Stato stesso non ha saputo tutelare?
La difficoltà del giudizio trova riscontro in molte sentenze di assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”
In riferimento all’ultimo tema in trattazione: il terrorismo, il dottor Nordio, partendo da critiche rivoltegli in seguito ad un suo parere sull’uso del velo da parte di donne mussulmane, ha precisato che chiunque nasconda il proprio volto per motivi diversi da quelli di salute compie il reato di travisamento. Il dibattito su questa evidenza dimostra che nella nostra società qualcosa non funziona e che va contrastato soprattutto con le armi della cultura conducendo, con molta forza morale, una battaglia di coraggio.
Ci dobbiamo chiedere, ha insistito, se la nostra Società crede ancora in sè stessa o se stiano scricchiolando, per quieto vivere o per effetto di culture emergenti, alcuni suoi elementi fondanti. Se così fosse si correrebbe il rischio di sconfinare nell’odio razziale, in tal caso la battaglia sarebbe perduta. Il pericolo maggiore ha concluso è la resa di fronte a questi atteggiamenti di convenienza ideologica ed in contrasto con il diritto corrente. In tal caso la resa fa più paura della guerra!
I concetti espressi dal magistrato, così netti e così chiari, hanno naturalmente stimolato numerose ed interessanti domande, che solo il limite temporale, imposto dalle successive attività, è riuscito a contenere.