L’astronoma Bianca Maria Poggianti intervistata

L’astronoma Bianca Maria Poggianti intervistata

8 Dicembre 2021 0 Di Lionsadmin

L’astronoma Bianca Maria Poggianti fra galassie e Progetto Gasp

Bianca Maria Poggianti, astronoma e dirigente di ricerca dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) a Padova, è la vincitrice di un Advanced Grant, ovvero un finanziamento di circa due milioni e mezzo di euro, con il progetto GASP (Gas Stripping Phenomena in Galaxies). Il progetto vuole far luce sui meccanismi con cui il gas viene rimosso dalle galassie e sulle conseguenze di questo fenomeno sulla formazione di nuove stelle.

L’evento al termine del quale è stata intervistata è stato organizzato dal Lions Club Padova Graticolato Romano col titolo “Galassie e polvere di stelle”.

Prof.ssa Poggianti, è davvero necessario mandare una persona su Marte in un momento in cui tecnologie inimmaginabili negli anni “70, quando l’uomo sbarcò sulla Luna, permettono di conoscere comunque a distanza?

È indubbio che mandare esseri umani su altri corpi del Sistema Solare, come la Luna o Marte, abbia scopi anche politici e, in alcuni casi, commerciali. Esistono però anche dei validi motivi scientifici. Il motivo principale è proprio cominciare a capire quali problemi e quali soluzioni esistono per permettere ad esseri umani di sopravvivere per periodi sempre più lunghi al di fuori della Terra. Sappiamo che la Terra ha una data di scadenza (parliamo fra 4 o 5 miliardi di anni) e quella che oggi appare come fantascienza, cioè la colonizzazione di altri mondi, probabilmente sarà una speranza quando gli umani dovranno lasciare il nostro pianeta, se saranno sopravvissuti fino a quel momento. Questi sono i primi passi, che sono stati preceduti da numerose missioni robotiche, senza esseri umani, che hanno permesso una prima valutazione dei rischi e delle difficoltà. Inoltre, è indubbiamente di grande interesse affrontare e risolvere le sfide tecnologiche che un viaggio (di andata e ritorno) così complesso ci pone. L’esplorazione spaziale è una frontiera che stimola e dà nuove opportunità ai progressi tecnologici. Infine, mi piace pensare che avere esseri umani sul suolo marziano o lunare permetta di fare delle scelte in tempo reale, ad esempio per la raccolta di campioni e i siti da esplorare, permettendo una maggiore flessibilità e, perchì no, esperimenti sul campo che guidino il resto della missione. Limitare la nostra immaginazione sarebbe un errore.

Perché continuiamo a cercare nell’universo forme di vita e di intelligenza simili alle nostre e non completamente diverse?

Bisogna capire cosa si intende per “simili”. Gli scienziati, in particolare gli astrobiologi, stanno esplorando tutte le possibili forme di vita. Tutti gli esseri viventi sulla Terra sono costituiti da molecole che contengono carbonio. È possibile che altrove la vita si basi su altri elementi chimici, ad esempio il silicio, ma questo è ritenuto poco probabile perché forme di vita basate sul silicio richiederebbero un’energia maggiore e in natura vengono favoriti i fenomeni a bassa energia. Ci sono quindi motivazioni scientifiche per ritenere più probabili alcune forme di vita rispetto ad altre, perché le leggi fisiche e chimiche sono le stesse ovunque nell’Universo. Questo non significa che altrove la vita si debba essere sviluppata con forme esattamente simili alle nostre, cioè che altrove debbano esistere gli elefanti, gli squali o gli umanoidi.

Se qualcuno è interessato all’argomento, consiglio il libro recentissimo di un collega astrobiologo padovano, il prof. Giuseppe Galletta, che si può trovare (cartaceo da acquistare, o scaricabile gratuitamente) al sito http://www.padovauniversitypress.it/publications/9788869382291.

Perché, secondo lei, un fenomeno così antiscientifico come il terrapiattismo è così diffuso?

Non è un fenomeno diffuso. I cosiddetti “terrapiattisti” sono pochissimi, e se ne sente parlare in rete o sui giornali solo perché è una convinzione così strampalata che attira l’attenzione dei lettori. Certo, è preoccupante che anche poche persone possano rifiutare qualsiasi evidenza scientifica e possano credere a un tale complotto di dimensioni planetarie. Alcuni paesi, ad esempio gli Stati Uniti, soffrono di queste forme di rifiuto del pensiero logico-razionale più di noi. I motivi sono vari, e comprenderli richiede una riflessione da vari punti di vista, psicologico, sociale ed educativo. Chi non pensa in modo razionale è facilmente manipolabile, e questo è il vero problema.

 In che modo lo studio delle galassie può aiutarci a comprendere il nostro pianeta?

Le galassie sono i luoghi dove si formano le stelle, con i loro sistemi planetari. Non si può veramente comprendere come è nato il nostro pianeta e come siamo nati noi se non comprendiamo l’Universo nel suo complesso. Pensiamo all’importanza della nostra stella, il Sole, per determinare le condizioni sulla Terra e quindi la possibilità di vita sul nostro pianeta. Pensiamo al fatto che gli elementi chimici di cui noi siamo composti e su cui si basa tutta la vita sulla Terra sono stati forgiati all’interno di altre stelle della nostra Galassia che sono poi esplose regalandoci tali elementi. Ora sappiamo che se non si fossero formate le galassie dalle fluttuazioni nelle prime fasi dell’Universo non si sarebbero formate stelle, né pianeti e, quindi, nemmeno la Terra. Teniamo presente che le leggi fisiche che scopriamo studiando un qualsiasi punto nell’Universo sono valide ovunque. Quindi capire che cosa avviene su una galassia lontana ci insegna qualcosa che è importante anche qui. Così come l’umanità è una e dovremmo ormai aver capito che l’unico modo per avere cura di noi stessi è avere cura di tutti gli essere umani, così l’Universo è la nostra grande casa: un unico immenso sistema fisico che ci ospita e che proprio grazie alla sua complessità ci ha dato la possibilità di vivere e sviluppare un’intelligenza per comprenderlo.

Pietro Casetta